Siamo, tutti, in esilio. In esilio da un tempo che
più non ci appartiene. Da un luogo che ci è stato sottratto o dal quale ci
siamo allontanati. Da un altrove che abbiamo vagheggiato, pur consapevoli della
sua inesistenza. Da una felicità la cu terra abbiamo qualche volta intravisto
ma che subito è apparsa coperta dalla nebbia dell’impossibile. La
condizione dell’esiliato coincide con la condizione umana: dice il turbamento
per la distanza da un tempo-spazio che pensiamo più proprio al nostro sentire,
in dialogo con il nostro desiderio. Se la lontananza è l’aria che respiriamo,
il ritmo profondo del pensiero che ci abita, allora lo stato di esilio è una
figurazione dell’esistenza osservata nella sua sospensione, nel suo costitutivo
spaesamento, nella sua tensione verso l’oltre, nella sua memoria.
Claudia, 2011
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